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ALCUNE INFORMAZIONI SU DI ME

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Torino , Italy
Da 13 anni sono referente per la dislessia, da 3 Funzione Strumentale per l'inclusione del mio istituto. Insegno da 26 anni nella scuola primaria. Dal 2019 collaboro con l'associazione O.S.D a.p.s ( Organizzazione a Sostegno dei Disturbi dell'età evolutiva) come referente per il Piemonte e la Valle d'Aosta ( osdpiemonte@gmail.com ) Sono autrice della favola "Lucertolina e Mirtillina" del libro per bambini sui DSA "Abracadabra Lucertolina". Alcune mie favole sono state pubblicate in altri due libri per bambini editi dalla casa editrice Mammeonline; curo il forum D.S.A su un sito per mamme;ho relazionato ad incontri e convegni sui disturbi specifici dell'apprendimento. Ho presentato il libro sui D.S.A, di cui sono coautrice, al Salone del Libro di Torino. Ho conseguito la specializzazione polivalente presso l'Istituto G Toniolo di Torino, con il massimo dei voti.

sabato 23 marzo 2013

videogiochi contro la dislessia

articolo apparso su "La Stampa" firmato da Simona Regina


L'articolo spiega come questi videogiochi, che l'Unversità di Padova e l'Istituto scientifico Eugenio Medea di  Lecco stanno sperimentando, abbiano la capacità di migliorare l'attenzione visiva, la concentrazione e l'estrazione d'informazioni dal contesto.
 
 Migliorare la abilità visive del bambino dislessico significherebbe aiutarlo a distinguere meglio i vari grafemi trasformandoli nel fonema corrispondente.
 
E' importante anche la rilevazione in età prescolare di difficoltà visuo-attenzionali in quanto indice predittivo di una possibile dislessia. Rilevato questo indice di rischio si attuerebbe un' abilitazione mirata con l'uso di questi videogiochi come strumento preventivo.
 
Attualmente è un atto la sperimentazione nelle scuole dell'infanzia di Lecco, appena la fase sperimentale sarà conclusa i videogiochi si potranno scaricare gratuitamente .
 

lunedì 11 marzo 2013

LA VALUTAZIONE DI DSA E BES

La valutazione è una questione su cui ci si ritrova spesso a discutere e a confrontarsi.

 In seguito ad alcuni dubbi su come debbano essere valutati i bambini con un funzionamento cognitivo al limite e quelli che seguono una progettazione individualizzata senza essere disabili intellettivi, c'è stato un confronto con la dottoressa Viviana Rossi, ex dirigente scolastica, membro del Comitato Scuola AID Nazionale e del Tavolo Regionale per DSA.

Vi riporto la sua risposta affinchè possa chiarire eventuali dubbi
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QUESTA LA MIA MAIL:

Gentilissima Dottoressa,

ho bisogno di porLe  un quesito in merito alla valutazione.

Sapevo che sulla scheda di valutazione, per questioni di privacy non devono comparire riferimenti espliciti al DSA o EES del bambino, me lo conferma?

Il dubbio di molti colleghi è come valutare bambini, generalmente EES o DSA con basso funzionamento cognitivo . Questi bimbi non riescono a raggiungere gli obiettivi della classe, in alcuni casi nemmeno quelli minimi, nonostante l’uso degli strumenti e di tutte le strategie suggerite. Finora i colleghi hanno messo un 6 sulla scheda ma se non c’è riferimento sulla scheda di valutazione all’EES o al DSA che giustifica quel 6 politico, ritengono che non sia onesto rispetto a chi ha raggiunto davvero lo stesso risultato.

I colleghi ritengono la bocciatura per questi bimbi deleteria e cercano di preservare l’aspetto psicoemotico e l’autostima.

Le chiedo, esistono riferimenti legislativi in materia di DSA o EES che danno indicazioni più dettagliate sulla valutazione?

Preciso che per i DSA con un buon funzionamento cognitivo questi problemi non sussistono perché una volta dati gli strumenti raggiungono facilmente gli obiettivi e i risultati sono spesso superiori alla media della classe.

Grazie

Cristiana

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LA RISPOSTA DELLA DOTTORESSA ROSSI

Gent.ma Cristiana,

Nella scheda di valutazione, per questioni di privacy , non devono assolutamente comparire riferimenti espliciti al DSA o EES … adesso BES!

Per quanto riguarda la normativa sulla valutazione dei DSA vale sempre l’art.10 del Regolamento sulla valutazione, il D.P.R. n° 122 del 22 giugno 2009 , al quale si rifà tutta la normativa recente:

 " Per gli alunni con DSA adeguatamente certificati, la valutazione e la verifica degli
apprendimenti, comprese quelle effettuate in sede d’esame conclusivo dei cicli, devono tener conto delle specifiche situazioni soggettive di tali alunni; a tali fini, nello svolgimento dell’attività didattica e delle prove di esame, sono adottati gli strumenti compensativi e dispensativi ritenuti idonei. ...”

La Legge 170/2010 assicura che «sono garantite, durante il percorso di istruzione e di formazione scolastica e universitaria, adeguate forme di verifica e di valutazione, anche per quanto concerne gli esami di Stato…» per i ragazzi con DSA L’articolo 6 del Decreto attuativo ci dà ulteriori spiegazioni:

“ 1.La valutazione scolastica, periodica e finale […] deve essere coerente con gli interventi Pedagogico - didattici

  2. Le Istituzioni scolastiche adottano modalità valutative che consentono […] di dimostrare
effettivamente il livello di apprendimento raggiunto … a prescindere dagli aspetti legati all’abilità deficitaria.”

Non esistono riferimenti legislativi  che diano indicazioni dettagliate sulla valutazione dei BES (è a discrezione dell’insegnante), anche se sulla direttiva di dicembre, ed ora sulla circolare
del 6 marzo, si dice di estendere la normativa dei DSA anche per i BES, compreso la preparazione di un PDP e l'uso degli strumenti necessari per portarli a raggiungere gli obiettivi previsti.


Insomma la valutazione continua ad essere uno dei più grossi problemi. Malgrado tutti i discorsi che
si fanno, anche quando la valutazione non viene utilizzata in funzione selettiva, essa non risulta adeguatamente utilizzata in prospettiva formativa, come strumento per educare, per migliorare i processi apprenditivi, più che per sanzionare i risultati.



Nella scuola di base non si dovrebbe valutare per promuovere o bocciare, ma per educare; per individuare quali siano le migliori strategie educative e didattiche; per migliorare i percorsi e per perseguire meglio le mete formative. Anche gli strumenti di valutazione finora utilizzati
non servono a migliorare i processi apprenditivi. Valutare al termine del quadrimestre è persino troppo tardi per intervenire a modificare i percorsi didattici degli alunni.
Occorrerebbe liberare i docenti dai troppi formalismi burocratici, che servono poco al miglioramento dei processi apprenditivi e formativi. Occorrerebbe fare in modo che nella scuola si facesse solo quello che serve per aiutare tutti i bambini a raggiungere le mete formative, anche se questo dovesse portare a fermare il bimbo a cui “viene regalato il 6 politico”, non per punirlo, ma per dargli la possibilità di raggiungere in più tempo il suo successo formativo.
Questo dovrebbe essere il criterio più importante da tenere presente: tutto quello che si fa nella scuola dovrebbe contribuire ad assicurare il successo formativo a tutti gli alunni. La valutazione dovrebbe essere deliberatamente progettata per migliorare ed educare i risultati degli studenti, non solo per verificarli!

Sperando di essere stata chiara, invio cordiali saluti

Viviana Rossi
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Ho sottolineato quelle parti che ritengo essere molto importanti.

Affinchè il confronto sia costruttivo mi farebbe piacere sapere come avviene la valutazione degli alunni borderline e DSA  nei vari istituti.

sabato 9 marzo 2013

risposta all'articolo "quando non è dislessia ma indolenza certificata"....

Questo articolo firmato dal dott. Osvaldo Poli è stato pubblicato sul n°9 di Famiglia Cristiana.
Vi pubblico la risposta che ho inviato al settimanale, sperando non venga ignorata

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Egregia redazione di Famiglia Cristiana,

avendo letto l’articolo dal titolo “quando non è dislessia ma indolenza certificata,” apparso sul n°9 del vostro settimanale, sento doverosa la replica a quanto scritto dal dott. Osvaldo Poli . In quanto psicologo la sua opinione potrebbe avere delle conseguenze non indifferenti su coloro che ancora negano l’esistenza dei disturbi dell’apprendimento o su chi, più semplicemente, è scettico verso questo genere di problema.

Sono decente di scuola primaria, referente per i disturbi specifici dell’apprendimento e i bisogni educativi speciali dell’istituto comprensivo in cui insegno, ho una buona formazione e anni di insegnamento alle spalle che mi permettono di replicare con cognizione di causa .Sono certa d’interpretare il pensiero di molti genitori, ragazzi e docenti sostenendo che l’articolo è intriso di qualunquismi e banalità, oltre ad essere piuttosto offensivo nei confronti di chi, quotidianamente deve lottare contro l’insuccesso scolastico. La poca voglia di studiare esiste ancora ma è tutt’altra cosa rispetto alle difficoltà o, peggio, ai disturbi dell’apprendimento. Il problema è che molti genitori sono scettici in merito all’esistenza di diversi tipi d’intelligenza o funzionamenti cognitivi fuori dagli schemi tradizionali e attribuiscono i scarsi voti scolastici alla “pelandronite”, come la definisce da sempre mio padre settantenne! Il pregiudizio e l’ignoranza possono avere serie conseguenze verso quei bambini che presentano un problema reale e che possono apprendere se vengono concessi loro degli strumenti compensativi e dispensativi, STRUMENTI non SCONTI DI PENA. Per fare un esempio banale, gli strumenti compensativi stanno ai ragazzi DSA ( o con varie difficoltà) come gli occhiali stanno al dott. Poli.

Questi ragazzi conseguono gli stessi obiettivi dei compagni di classe, la progettazione è personalizzata e non individualizzata. Ciò significa che a loro viene concesso e insegnato l’uso delle mappe per apprendere oppure l’uso della calcolatrice per fare calcoli complessi, o le tabelle delle formule grammaticali e geometriche. Tali strumenti non dispensano dall’imparare il contenuto delle discipline di studio, le procedure di calcolo, il costrutto della frase o la struttura dei problemi aritmetici. Questi ragazzi hanno spesso un’intelligenza e una sensibilità superiori alla media pertanto sono consapevoli della fatica necessaria per imparare. E’ piuttosto comune che i DSA abbiano deficit nell’ambito della memoria di lavoro o a breve tempo, deficit che rallenta e complica ulteriormente l’apprendimento. La difficoltà nel trattenere le informazioni anche solo per breve tempo è alquanto frustrante perché dopo ore passate sui libri i risultati sono comunque scadenti.

In tutti i miei anni d’insegnamento non ho mai visto ragazzi in difficoltà gioire con tifo da stadio di fronte alla propria diagnosi di disturbo e ancor meno ho visto le loro famiglie serene e sollevate. Anzi! Poiché i disturbi specifici non sono una malattia, termine improprio usato dal dottore nel suo articolo, ma una caratteristica legata a un particolare funzionamento del cervello, non si può “guarire” seguendo una terapia specifica. Chi nasce con il disturbo muore con il disturbo. Ciò che può accadere, se ben seguito e sostenuto dagli specialisti del settore, dalla scuola  e  dalla famiglia, è di trovare delle strategie che gli permettono di bypassare la difficoltà, ma la fatica, l’ansia, il senso di frustrazione e una scarsa autostima restano. Lo stesso scoramento resta per tutta la vita nella famiglia. Consiglio di leggere “Diario di scuola” di Pennac al fine di comprendere completamente queste mie affermazioni.

Non ho mai incontrato ragazzi con difficoltà che a causa del disturbo abbiano dovuto studiare meno, anzi, spesso è l’esatto contrario in quanto per svolgere la metà dei compiti impiegano il doppio del tempo proprio a causa della mancanza dell’automatismo e del deficit di memoria che condizionano la capacità attentiva e affaticano  velocemente.

I bambini che devono seguire un programma individualizzato sono bambini con intelligenza al limite della norma, sono alunni oggi ancora poco sostenuti proprio a causa dei tagli che hanno contratto gli organici. Questi bimbi non avendo un QI al di sotto della normalità non hanno diritto a un insegnante di sostegno ma avendo un funzionamento cognitivo al limite, necessitano di grossi aiuti in quanto, a differenza dei DSA, non sono in grado di mettere in atto strategie o di essere autonomi nel lavoro o nell’uso degli strumenti insegnati. I docenti non sempre riescono a  seguirli a dovere perché devono gestire, spesso, una ventina di altri alunni. Anche nel caso di questi bimbi, definiti come soggetti con bisogni educativi speciali, non ho riscontrato alcun giubilo nei loro occhi, anzi, la frustrazione, in alcuni casi, si riversa in atteggiamenti comportamentali difficili da gestire e dolorosi per la famiglia. Per questi bimbi le lezioni e le interrogazioni più semplici hanno lo stesso valore del lavoro svolto dai compagni perché per apprendere c’è un notevole dispendio di energie cognitive ed emotive.

Naturalmente esistono anche i soggetti indolenti, descritti dal dott.Poli ma questi non ottengono alcun tipo di certificazione o diagnosi. Ho conosciuto ragazzi valutati dagli specialisti che dovevano solo migliorare le metodologie di studio ma non avevano alcun disturbo specifico e nessun funzionamento al limite, a loro non è stata rilasciata alcuna diagnosi o certificazione e gli specialisti hanno concluso l’osservazione con alcuni consigli per la famiglia e i docenti al fine di potenziare e stimolare l’interesse e migliorare la metodologia di studio.

I ragazzi realmente indolenti non possono e non devono essere confusi con chi ha difficoltà tangibili, evidenti e scientificamente accertabili.

Il dott. Poli, nel suo articolo, ha fatto una grande confusione scatenando sicuramente rabbia in chi combatte quotidianamente con l’insuccesso scolastico, inoltre ha incentivato i negazionisti e gli scettici a pensare che i disturbi specifici e le difficoltà siano un’invenzione dell’era contemporanea e quindi bastino i buon vecchi metodi per risolvere l’insuccesso: pluribocciature, scappellotti e umiliazioni con tanto di cappello d’ asino. Il rischio è d’incentivare la dispersione scolastica e avere adulti frustrati, depressi e insofferenti, quando invece basterebbero un minimo di umanità e sensibilità da parte di tutti e la volontà di affidarsi a chi ha reali competenze in ambito dell’apprendimento.


Cordialità.

Cristiana Zucca


giovedì 7 marzo 2013

CM n° 8 del 6 marzo 2013

E' appena stata pubblicata la Cm n° 8 che dà indicazioni operative circa la direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012. Ve la copio:

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Dipartimento per l’Istruzione



CIRCOLARE MINISTERIALE n. 8 Roma, 6 marzo 2013
Prot. 561

Ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali

LORO SEDI

Ai Dirigenti Scolastici

LORO SEDI

Ai Referenti Regionali per la Disabilità / per i DSA

LORO SEDI

Alle Associazioni componenti

l’Osservatorio permanente per l’Integrazione degli alunni con disabilità

LORO SEDI

Alle Associazioni del FONAGS

LORO SEDI

Alle Associazioni del Forum Nazionale degli Studenti

LORO SEDI

Ai Presidenti delle Consulte Provinciali degli Studenti

LORO SEDI

Oggetto

: Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012 “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni

educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”. Indicazioni

operative

Il 27 dicembre scorso è stata firmata dall’On.le Ministro l’unita Direttiva recante
Strumenti

d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione

scolastica
che delinea e precisa la strategia inclusiva della scuola italiana al fine di realizzare

appieno il diritto all’apprendimento per tutti gli alunni e gli studenti in situazione di difficoltà. La

Direttiva ridefinisce e completa il tradizionale approccio all’integrazione scolastica, basato sulla

certificazione della disabilità, estendendo il campo di intervento e di responsabilità di tutta la

comunità educante all’intera area dei Bisogni Educativi Speciali (BES), comprendente: “svantaggio

sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà

derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture

diverse”.

La Direttiva estende pertanto a tutti gli studenti in difficoltà il diritto alla personalizzazione

dell’apprendimento, richiamandosi espressamente ai principi enunciati dalla Legge 53/2003.

Fermo restando l'obbligo di presentazione delle certificazioni per l'esercizio dei diritti

conseguenti alle situazioni di disabilità e di DSA, è compito doveroso dei Consigli di classe o dei

teams dei docenti nelle scuole primarie indicare in quali altri casi sia opportuna e necessaria

l'adozione di una personalizzazione della didattica ed eventualmente di misure compensative o

dispensative, nella prospettiva di una presa in carico globale ed inclusiva di tutti gli alunni.

Strumento privilegiato è il percorso individualizzato e personalizzato, redatto in un Piano

Didattico Personalizzato (PDP), che ha lo scopo di definire, monitorare e documentare – secondo

un’elaborazione collegiale, corresponsabile e partecipata - le strategie di intervento più idonee e i

criteri di valutazione degli apprendimenti.

In questa nuova e più ampia ottica, il Piano Didattico Personalizzato non può più essere inteso

come mera esplicitazione di strumenti compensativi e dispensativi per gli alunni con DSA; esso è

bensì lo strumento in cui si potranno, ad esempio, includere progettazioni didattico-educative

calibrate sui livelli minimi attesi per le competenze in uscita (di cui moltissimi alunni con BES,

privi di qualsivoglia certificazione diagnostica, abbisognano), strumenti programmatici utili in

maggior misura rispetto a compensazioni o dispense, a carattere squisitamente didatticostrumentale.

La Direttiva ben chiarisce come la presa in carico dei BES debba essere al centro dell’attenzione

e dello sforzo congiunto della scuola e della famiglia.

È necessario che l’attivazione di un percorso individualizzato e personalizzato per un alunno

con Bisogni Educativi Speciali sia deliberata in Consiglio di classe - ovvero, nelle scuole primarie,

da tutti i componenti del team docenti - dando luogo al PDP, firmato dal Dirigente scolastico (o da

un docente da questi specificamente delegato), dai docenti e dalla famiglia.
 
 Nel caso in cui sia necessario trattare dati sensibili per finalità istituzionali, si avrà cura di includere nel PDP apposita autorizzazione da parte della famiglia.

A titolo esemplificativo, sul sito del MIUR saranno pubblicati alcuni modelli di PDP (Cfr.

http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/istruzione/dsa) .

Ove non sia presente certificazione clinica o diagnosi, il Consiglio di classe o il team dei docenti

motiveranno opportunamente, verbalizzandole, le decisioni assunte sulla base di considerazioni

pedagogiche e didattiche; ciò al fine di evitare contenzioso.

Alunni con DSA e disturbi evolutivi specifici


Per quanto riguarda gli alunni in possesso di una diagnosi di DSA rilasciata da una struttura

privata, si raccomanda - nelle more del rilascio della certificazione da parte di strutture sanitarie

pubbliche o accreditate – di adottare preventivamente le misure previste dalla Legge 170/2010,

qualora il Consiglio di classe o il team dei docenti della scuola primaria ravvisino e riscontrino, sulla


base di considerazioni psicopedagogiche e didattiche, carenze fondatamente riconducibili al disturbo.

Pervengono infatti numerose segnalazioni relative ad alunni (già sottoposti ad accertamenti

diagnostici nei primi mesi di scuola) che, riuscendo soltanto verso la fine dell’anno scolastico ad

ottenere la certificazione, permangono senza le tutele cui sostanzialmente avrebbero diritto. Si

evidenzia pertanto la necessità di superare e risolvere le difficoltà legate ai tempi di rilascio delle

certificazioni (in molti casi superiori ai sei mesi) adottando comunque un piano didattico

individualizzato e personalizzato nonché tutte le misure che le esigenze educative riscontrate

richiedono. Negli anni terminali di ciascun ciclo scolastico, in ragione degli adempimenti connessi

agli esami di Stato, le certificazioni dovranno essere presentate entro il termine del 31 marzo, come

previsto all’art.1 dell’Accordo sancito in Conferenza Stato-Regioni sulle certificazioni per i DSA

(R.A. n. 140 del 25 luglio 2012).

Area dello svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale


Si vuole inoltre richiamare ulteriormente l’attenzione su quell’area dei BES che interessa lo

svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale. La Direttiva, a tale proposito, ricorda che “ogni

alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per

motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è

necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta”. Tali tipologie di BES dovranno

essere individuate sulla base di elementi oggettivi (come ad es. una segnalazione degli operatori dei

servizi sociali), ovvero di ben fondate considerazioni psicopedagogiche e didattiche.

Per questi alunni, e in particolare per coloro che sperimentano difficoltà derivanti dalla non

conoscenza della lingua italiana - per esempio alunni di origine straniera di recente immigrazione

e, in specie, coloro che sono entrati nel nostro sistema scolastico nell’ultimo anno - è parimenti

possibile attivare percorsi individualizzati e personalizzati, oltre che adottare strumenti

compensativi e misure dispensative (ad esempio la dispensa dalla lettura ad alta voce
e le attività ove la lettura è valutata, la scrittura veloce sotto dettatura, ecc.
), con le stesse modalità sopra indicate.

In tal caso si avrà cura di monitorare l’efficacia degli interventi affinché siano messi in atto per

il tempo strettamente necessario. Pertanto, a differenza delle situazioni di disturbo documentate da

diagnosi, le misure dispensative, nei casi sopra richiamati, avranno carattere transitorio e attinente

aspetti didattici, privilegiando dunque le strategie educative e didattiche attraverso percorsi

personalizzati, più che strumenti compensativi e misure dispensative.

In ogni caso, non si potrà accedere alla dispensa dalle prove scritte di lingua straniera se non in

presenza di uno specifico disturbo clinicamente diagnosticato, secondo quanto previsto dall’art. 6

del DM n. 5669 del 12 luglio 2011 e dalle allegate Linee guida.

Si rammenta, infine, che, ai sensi dell’articolo 5 del DPR n. 89/2009, le 2 ore di insegnamento

della seconda lingua comunitaria nella scuola secondaria di primo grado possono essere utilizzate

anche per potenziare l'insegnamento della lingua italiana per gli alunni stranieri non in possesso

delle necessarie conoscenze e competenze nella medesima lingua italiana, nel rispetto

dell'autonomia delle istituzioni scolastiche.

Eventuali disposizioni in merito allo svolgimento degli esami di Stato o delle rilevazioni annuali

degli apprendimenti verranno fornite successivamente.



AZIONI A LIVELLO DI SINGOLA ISTITUZIONE SCOLASTICA


Per perseguire tale “politica per l’inclusione”, la Direttiva fornisce indicazioni alle istituzioni

scolastiche, che dovrebbero esplicitarsi, a livello di singole scuole, in alcune azioni strategiche di

seguito sintetizzate.

1. Fermo restando quanto previsto dall’art. 15 comma 2 della L. 104/92, i compiti del Gruppo di

lavoro e di studio d’Istituto (
GLHI) si estendono alle problematiche relative a tutti i BES. A

tale scopo i suoi componenti sono integrati da tutte le risorse specifiche e di coordinamento

presenti nella scuola (funzioni strumentali, insegnanti per il sostegno, AEC, assistenti alla

comunicazione, docenti “disciplinari” con esperienza e/o formazione specifica o con compiti di

coordinamento delle classi, genitori ed esperti istituzionali o esterni in regime di

convenzionamento con la scuola), in modo da assicurare all’interno del corpo docente il

trasferimento capillare delle azioni di miglioramento intraprese e un’efficace capacità di

rilevazione e intervento sulle criticità all’interno delle classi.

Tale Gruppo di lavoro assume la denominazione di
Gruppo di lavoro per l’inclusione (in sigla

GLI) e svolge le seguenti funzioni:

rilevazione dei BES presenti nella scuola;

raccolta e documentazione degli interventi didattico-educativi posti in essere anche in

funzione di azioni di apprendimento organizzativo in rete tra scuole e/o in rapporto con

azioni strategiche dell’Amministrazione;

focus/confronto sui casi, consulenza e supporto ai colleghi sulle strategie/metodologie di

gestione delle classi;

rilevazione, monitoraggio e valutazione del livello di inclusività della scuola;

raccolta e coordinamento delle proposte formulate dai singoli GLH Operativi sulla base

delle effettive esigenze, ai sensi dell’art. 1, c. 605, lettera b, della legge 296/2006, tradotte

in sede di definizione del PEI come stabilito dall'art. 10 comma 5 della Legge 30 luglio

2010 n. 122 ;

elaborazione di una proposta di Piano Annuale per l’Inclusività riferito a tutti gli

alunni con BES, da redigere al termine di ogni anno scolastico (entro il mese di Giugno).

A tale scopo, il Gruppo procederà ad un’analisi delle criticità e dei punti di forza degli

interventi di inclusione scolastica operati nell’anno appena trascorso e formulerà

un’ipotesi globale di utilizzo funzionale delle risorse specifiche, istituzionali e non, per

incrementare il livello di inclusività generale della scuola nell’anno successivo. Il Piano

sarà quindi discusso e deliberato in Collegio dei Docenti e inviato ai competenti Uffici

degli UUSSRR, nonché ai GLIP e al GLIR, per la richiesta di organico di sostegno, e

alle altre istituzioni territoriali come proposta di assegnazione delle risorse di

competenza, considerando anche gli Accordi di Programma in vigore o altre specifiche

intese sull'integrazione scolastica sottoscritte con gli Enti Locali. A seguito di ciò, gli

Uffici Scolastici regionali assegnano alle singole scuole globalmente le risorse di

sostegno secondo quanto stabilito dall’ art 19 comma 11 della Legge n. 111/2011.

Nel mese di settembre, in relazione alle risorse effettivamente assegnate alla scuola –

ovvero, secondo la previsione dell’art. 50 della L.35/2012, alle reti di scuole -, il Gruppo

provvederà ad un adattamento del Piano, sulla base del quale il Dirigente scolastico

procederà all’assegnazione definitiva delle risorse, sempre in termini “funzionali”.

A tal punto i singoli GLHO completeranno la redazione del PEI per gli alunni con

disabilità di ciascuna classe, tenendo conto di quanto indicato nelle
Linee guida del 4

agosto 2009.

Inoltre il Gruppo di lavoro per l’inclusione costituisce l’interfaccia della rete dei CTS e

dei servizi sociali e sanitari territoriali per l’implementazione di azioni di sistema

(formazione, tutoraggio, progetti di prevenzione, monitoraggio, ecc.).

Dal punto di vista organizzativo, pur nel rispetto delle autonome scelte delle scuole, si suggerisce

che il gruppo svolga la propria attività riunendosi (per quanto riguarda le risorse specifiche

presenti: insegnanti per il sostegno, AEC, assistenti alla comunicazione, funzioni strumentali,

ecc.), con una cadenza - ove possibile - almeno mensile, nei tempi e nei modi che maggiormente

si confanno alla complessità interna della scuola, ossia in orario di servizio ovvero in orari

aggiuntivi o funzionali (come previsto dagli artt. 28 e 29 del CCNL 2006/2009), potendo far

rientrare la partecipazione alle attività del gruppo nei compensi già pattuiti per i docenti in sede di

contrattazione integrativa di istituto. Il Gruppo, coordinato dal Dirigente scolastico o da un suo

delegato, potrà avvalersi della consulenza e/o supervisione di esperti esterni o interni, anche

attraverso accordi con soggetti istituzionali o del privato sociale e, a seconda delle necessità (ad

esempio, in caso di istituto comprensivo od onnicomprensivo), articolarsi anche per gradi

scolastici.

All’inizio di ogni anno scolastico il Gruppo propone al Collegio dei Docenti una

programmazione degli obiettivi da perseguire e delle attività da porre in essere, che confluisce

nel Piano annuale per l’Inclusività; al termine dell’anno scolastico, il Collegio procede alla

verifica dei risultati raggiunti.

2. Nel
P.O.F. della scuola occorre che trovino esplicitazione:

un concreto impegno programmatico per l’inclusione, basato su una attenta lettura del

grado di inclusività della scuola e su obiettivi di miglioramento, da perseguire nel senso

della trasversalità delle prassi di inclusione negli ambiti dell’insegnamento curricolare,

della gestione delle classi, dell’organizzazione dei tempi e degli spazi scolastici, delle

relazioni tra docenti, alunni e famiglie;

criteri e procedure di utilizzo “funzionale” delle risorse professionali presenti,

privilegiando, rispetto a una logica meramente quantitativa di distribuzione degli

organici, una logica “qualitativa”, sulla base di un progetto di inclusione condiviso con

famiglie e servizi sociosanitari che recuperi l’aspetto “pedagogico” del percorso di

apprendimento e l’ambito specifico di competenza della scuola;

l’impegno a partecipare ad azioni di formazione e/o di prevenzione concordate a livello

territoriale.

3.
La rilevazione, il monitoraggio e la valutazione del grado di inclusività della scuola sono

finalizzate ad accrescere la consapevolezza dell’intera comunità educante sulla centralità e la

trasversalità dei processi inclusivi in relazione alla qualità dei “risultati” educativi. Da tali azioni

si potranno inoltre desumere indicatori realistici sui quali fondare piani di miglioramento

organizzativo e culturale. A tal fine possono essere adottati sia strumenti strutturati reperibili in

rete [come l’”Index per l’inclusione” o il progetto “Quadis” (
http://www.quadis.it/jm/)], sia

concordati a livello territoriale. Ci si potrà inoltre avvalere dell’approccio fondato sul modello

ICF dell’OMS e dei relativi concetti di
barriere e facilitatori.

AZIONI A LIVELLO TERRITORIALE


La direttiva affida un ruolo fondamentale ai CTS - Centri Territoriali di Supporto, quale

interfaccia fra l’Amministrazione e le scuole, e tra le scuole stesse nonché quale rete di supporto al

processo di integrazione, allo sviluppo professionale dei docenti e alla diffusione delle migliori

pratiche.

Le scuole dovranno poi impegnarsi a perseguire, anche attraverso le reti scolastiche, accordi e

intese con i servizi sociosanitari territoriali (ASL, Servizi sociali e scolastici comunali e provinciali,

enti del privato sociale e del volontariato, Prefetture, ecc.) finalizzati all’integrazione dei servizi “alla

persona” in ambito scolastico, con funzione preventiva e sussidiaria, in ottemperanza a quanto

previsto dalla Legge 328/2000. Tali accordi dovranno prevedere l’esplicitazione di procedure

condivise di accesso ai diversi servizi in relazione agli alunni con BES presenti nella scuola.

Si precisa inoltre che, fermi restando compiti e composizione dei GLIP di cui all’art. 15 commi 1,

3 e 4 della L. 104/92, le loro funzioni si estendono anche a tutti i BES, stante l’indicazione contenuta

nella stessa L. 104/92 secondo cui essi debbono occuparsi dell’integrazione scolastica degli alunni

con disabilità, “nonché per qualsiasi altra attività inerente all'integrazione degli alunni in difficoltà di

apprendimento.”

In ogni caso, i CTS dovranno strettamente collaborare con i GLIP ovvero con i GLIR, la cui

costituzione viene raccomandata nelle Linee guida del 4 agosto 2009.

CTI - Centri Territoriali per l’Inclusione


Il ruolo dei nuovi CTI (Centri Territoriali per l’Inclusione), che potranno essere individuati a

livello di rete territoriale - e che dovranno collegarsi o assorbire i preesistenti Centri Territoriali per

l’integrazione Scolastica degli alunni con disabilità, i Centri di Documentazione per l’integrazione

scolastica degli alunni con disabilità (CDH) ed i Centri Territoriali di Risorse per l’integrazione

scolastica degli alunni con disabilità (CTRH) - risulta strategico anche per creare i presupposti per

l’attuazione dell’art. 50 del DL 9.2.2012, n°5, così come modificato dalla Legge 4.4.2012, n° 35, là

dove si prevede (comma b) la
“definizione, per ciascuna istituzione scolastica, di un organico

dell'autonomia, funzionale all'ordinaria attività didattica, educativa, amministrativa, tecnica e

ausiliaria, alle esigenze di sviluppo delle eccellenze, di recupero, di integrazione e sostegno agli

alunni con bisogni educativi speciali e di programmazione dei fabbisogni di personale scolastico,

anche ai fini di una estensione del tempo scuola”

e ancora (comma c) la “costituzione […] di reti

territoriali tra istituzioni scolastiche, al fine di conseguire la gestione ottimale delle risorse umane,

strumentali e finanziarie”

e ancora (comma d) la “definizione di un organico di rete per le finalità

di cui alla lettera c) nonché per l'integrazione degli alunni con bisogni educativi speciali, la

formazione permanente, la prevenzione dell'abbandono e il contrasto dell'insuccesso scolastico e

formativo e dei fenomeni di bullismo, specialmente per le aree di massima corrispondenza tra

povertà e dispersione scolastica”

e infine (comma e) la “costituzione degli organici di cui alle

lettere b) e d) […] sulla base dei posti corrispondenti a fabbisogni con carattere di stabilità per


almeno un triennio sulla singola scuola, sulle reti di scuole e sugli ambiti provinciali, anche per i

posti di sostegno, fatte salve le esigenze che ne determinano la rimodulazione annuale.”


Laddove, per ragioni legate alla complessità territoriale, i CTI non potessero essere istituiti o

risultassero poco funzionali, le singole scuole cureranno, attraverso il Gruppo di Lavoro per

l’Inclusione, il contatto con i CTS di riferimento.

Si precisa che il gruppo di docenti operatori del CTS o anche del CTI dovrà essere in possesso

di specifiche competenze, al fine di poter supportare concretamente le scuole e i colleghi con

interventi di consulenza e di formazione mirata. È quindi richiesta una “specializzazione” – nel

senso di una approfondita competenza – nelle tematiche relative ai BES. Per quanto riguarda l’area

della disabilità, si tratterà in primis di docenti specializzati nelle attività di sostegno, ma anche di

docenti curricolari esperti nelle nuove tecnologie per l’inclusione. Per l’area dei disturbi evolutivi

specifici, potranno essere individuati docenti che abbiano frequentato master e/o corsi di

perfezionamento in “Didattica e psicopedagogia per i DSA”, ovvero che abbiano maturato

documentata e comprovata esperienza nel campo, a partire da incarichi assunti nel progetto NTD

(Nuove Tecnologie e Disabilità) attivato sin dal 2006. Anche in questo secondo caso è auspicabile

che il docente operatore dei CTS o dei CTI sia in possesso di adeguate competenze nel campo delle

nuove tecnologie, che potranno essere impiegate anche in progetti per il recupero dello svantaggio

linguistico e culturale ivi compresa l’attivazione di percorsi mirati.

Le istituzioni scolastiche che volessero istituire un CTI possono presentare la propria

candidatura direttamente all’Ufficio Scolastico regionale competente per territorio.

Nel rinviare all’unita Direttiva per una riflessione da portare anche all’interno del Collegio dei

Docenti o loro articolazioni, si invitano le SS.LL. a dare la massima diffusione alla presente

Circolare che viene pubblicata sul sito Internet del Ministero e sulla rete Intranet.

Confidando nella sensibilità e nell’attenzione degli uffici dell’Amministrazione e di tutti coloro

cui la presente circolare è indirizzata, si ringrazia per la collaborazione.

IL CAPO DIPARTIMENTO

f.to
Lucrezia Stellacci

ASSOCIAZIONE SOS DSA

Un'amica mi ha parlato dell'associazione di Settimo Torinese SOS DSA di cui fa parte, queste sono le informazioni tratte dal volantino che mi ha inviato

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L’Associazione nasce il 01 ottobre 2012 dalla volontà di un gruppo di genitori con

figli diagnosticati come “DSA”, nostro malgrado abbiamo dovuto affrontare questa

sfida cercando AIUTO da parte di tutti per capire, apprendere e cercare di dare un

supporto ai nostri ragazzi nella loro delicata fase di crescita scolastica e non.

Abbiamo quindi deciso di metterci in gioco in prima persona per offrire a nostra

volta una mano a tutti quelli che oggi affrontano il tema della DSA.


L’organizzazione ha lo scopo di: offrire sostegno pratico ai bambini, ai ragazzi, alle

famiglie alle scuole agli educatori in genere sia nel nostro comune che nei territori

limitrofi.



Alcuni obiettivi dell’Associazione:


  • supportare le famiglie di bambini e ragazzi con Disturbi Specifici dell’Apprendimento

(denominati D.S.A.);



promuovere azioni rivolte alla comunità di informazione e sensibilizzazione sui D.S.A.;


collaborare con i docenti delle scuole e in particolare con i referenti sui D.S.A. fornendoli

di strumenti compensativi (con relative modalità di utilizzo) e di materiale informativo;



tutelare il diritto alla pari opportunità di istruzione dei soggetti con problemi di D.S.A;


sviluppare forme di tutoraggio per gli studenti con D.S.A;


sensibilizzare le amministrazioni locali sui temi dei D.S.A;


……

Non ti isolare ….

Non sei solo !!!!

Tutti insieme possiamo fare molto


Per ogni informazione scrivi a:

info.sosdsa@gmail.com

incontro dell'associazione sos dsa

Ricevo da un'amica :

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L’ASSOCIAZIONE
SOS DSA ONLUS IN COLLABORAZIONE CON
LA BIBLIOTECA CIVICA MULTIMEDIALE ARCHIMEDE


VI INVITANO ALL’INCONTRO

che si terrà
mercoledì, 13 marzo 2013

dalle ore 18.00 alle ore 19.30 presso la

BIBLIOTECA CIVICA MULTIMEDIALE ARCHIMEDE

Sala Primo LEVI



PIAZZA DEL CAMPIDOGLIO, 50 - SETTIMO T.SE (TO)

Programma


17.00 – Accoglienza e presentazione dell’Associazione
SOS DSA Onlus e della

serata.

17.45 – Presentazione della
Dr.ssa Eva Benso

Operatrice specializzata in abilitazione cognitiva con soggetti affetti da DSA

(Disturbi Specifici dell’Apprendimento).


18.45 – Domande e dibattito.

Per ogni informazione potete scrivere a:
info.sosdsa@gmail.com